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Le imposte statali sulle vendite negli USA dopo la decisione della Corte Suprema nel caso Wayfair

La decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti, nel caso South Dakota v. Way-fair, emessa in data 21 giugno 2018 e scritta per la maggioranza (5-4) dal Giudice Anthony Kennedy (che, poco dopo, avrebbe annunciato le sue dimissioni), ha rivoluzionato il principio giuridico in base al quale i singoli stati degli USA possono applicare le imposte statali sulle vendite, aprendo il campo alla tassazione di beni materiali e immateriali, compreso software, prodotti digitali, e software come servizio (vale a dire, concesso in licenza d’uso da remoto), anche quando le aziende venditrici non hanno una base fissa di affari nel territorio dello stato in cui si trovano i clienti e utilizzatori finali del prodotto o servizio compravenduto.

Generalmente (con due sole eccezioni, Delaware e Alaska), i singoli stati degli USA applicano un’imposta sulle vendite (sales tax) di prodotti materiali e immateriali e certi tipi di servizi (significativamente, concessioni in licenze d’uso di software) a clienti residenti o basati nel proprio territorio. A differenza dell’imposta sul valore aggiunto, di matrice europea, le imposte statali sulle vendite si applicano solo alle vendite all’utilizzatore finale (end user). Nel caso di vendite di beni strumentali (ad esempio, impianti e macchinari utilizzati dal compratore nell’esercizio della propria impresa), la vendita rientra nel campo di applicazione dell’imposta, ma è esente, previo rilascio di certificato di esenzione dal compratore al venditore. L’impresa venditrice che effettua vendite soggette ad imposta (anche se esenti) deve registrarsi all’interno dello stato, acquisire il sales tax number, addebitare l’imposta al cliente in fattura, riscuotere l’imposta sulle vendite effettuate nello stato, e versarla, mensilmente o trimestralmente, unitamente alla presentazione relative dichiarazioni periodiche e una dichiarazione finale annua. Le aliquote d’imposta variano dal 4 al 7.250 percento. Alle imposte statali si aggiungono spesso anche analoghe imposte locali, applicate secondo gli stessi criteri (ad esempio, a new York l’aliquota statale è del 4%, e quelle locali possono arrivare fino al 5%, mentre in California l’aliquota statale è del 7.250% e quelle locali possono arrivare fino al 3%).

Le imposte sulle vendite si applicano, indifferentemente, ad aziende costituite all’interno o al di fuori del territorio dello stato (vale a dire, in un altro stato, o in un paese estero), ma a condizione che l’azienda mantenga un collegamento sostanziale (cd. substantial nexus) con il territorio dello stato in cui ha luogo si la vendita (secondo quanto imposto dalla Costituzione degli Stati Uniti nella cd. commerce clause).

La Corte Suprema, nel definire il significato del termine substantial nexus ai fini della applicazione del principio della commerce clause, in due precedenti decisioni emesse, rispettivamente, nel 1967 (nel caso National Bellas Hess v. Department of Revenue of Illinois) e 1992 (nel caso Quill Corp. V. North Dakota) aveva ritenuto che il concetto di “collegamento sostanziale” richiedesse la presenza fisica dell’azienda nel territorio dello stato. La presenza fisica, a questi fini, poteva consistere in un ufficio, magazzino, negozio, o altra sede fissa d’affari; o personale dipendente, agenti o rappresentanti di vendita (anche indipendenti), collaboratori autonomi, ecc.

Il South Dakota, recentemente, aveva adottato una legge che imponeva la riscossione delle imposte sulle vendite alle aziende che avessero registrato nel corso dell’anno un volume di vendite, a clienti nel territorio dello stato, superiore a un certo importo (USD 100.000) o effettuato vendite a soggetti residenti nello stato superiori a un certo numero (200), a prescindere dal fatto che si trattasse di aziende non costituite nello stato, e prive di presenza fisica nel territorio dello stato. Alcune aziende che operano nel settore del commercio elettronico (vendita di prodotti online), senza presenza in South Dakota (Wayfair, Inc., Overstock.com, Inc. e Newegg Inc.) hanno impugnato la legislazione in questione, affermando che essa era costituzionalmente illegittima in quanto violava la commerce clause della Costituzione, cosi come interpretata dalla Corte con le sue decisioni nei casi National Bellas Hess e Quill, che costituivano i precedenti giurisprudenziali di riferimento.

La Corte Suprema (come prevedibile, vista la posizione informalmente espressa in precedenza sulla questione dal Giudice Kennedy, che, se pure nominato dal Presidente Reagan, aveva assunto generalmente posizioni moderate e di centro, in una Corte sostanzialmente divisa su una linea ideologica tra giudici repubblicani e giudici democratici, e avrebbe, molto probabilmente, espresso il voto decisivo in materia) ha espressamente rovesciato (overruled) i precedenti  National Bellas Hess e Quill, e ritenuto la normativa del South Dakota costituzionalmente legittima.

Gli stati degli USA, alla luce di quanto sopra, adesso sono liberi di adottare normative simili a quella del South Dakota, e imporre le loro imposte sulle vendite anche ad aziende che vendono i propri beni o servizi mediante commercio elettronico e on line senza mantenere una presenza fisica rilevante nel territorio dello stato.

Attualmente, almeno 19 stati adottano una normativa simile, basata sul concetto di presenza economica (economic nexus), e almeno 42 hanno manifestato intenzione di adattare la propria normativa al nuovo principio riconosciuto dalla Corte.

Per aziende tecnologiche del settore high-tech, l’adozione del criterio della presenza economica significa che gli stati saranno facilitati nell’imporre la riscossione delle imposte sulle vendite di beni immateriali, quali prodotti digitali e software e a concessione in licenza d’uso di software (cosiddetto Software as a Service o SaaS), a prescindere dal metodo di consegna del prodotto o servizio o dalla localizzazione dell’azienda.

La radicale modifica del contesto normativo descritto sopra ha, ovviamente, enormi implicazioni anche per aziende estere (comprese quelle italiane) che vendono prodotti o servizi negli USA, pur non essendo ivi fisicamente stabilite o presenti tramite collaboratori o rappresentanti.

Anche per aziende tradizionali, che vendono i loro prodotti a clienti finali negli USA spedendoli direttamente dall’Italia, potrebbero emergere analoghi obblighi di registrazione nello stato e presentazione delle dichiarazioni, a fronte di vendite effettivamente soggette ad imposta, o esenti, ma comunque da dichiarare.

Si tratterà di vedere come gli stati attueranno i nuovi principi e, in particolare, quali soglie essi stabiliranno ai fini della applicazione delle imposte. Come detto, la normativa del South Dakota fa riferimento ad un volume di affari minimo di $100.000 o un numero minimo di 200 transazioni, che paiono generalmente molto bassi e sono stati ritenuti sufficienti dalla Corte Suprema.

Nel frattempo, le aziende devono fare un’opera attenta di monitoraggio e tenersi pronte ad adempiere ai nuovi obblighi, evitando di trovarsi nella situazione di dover computare e versare le imposte sulle vendite senza averle prima addebitate in fattura e riscosse dai clienti, dovendole, in sostanza, sborsare di tasca propria, presentare le dichiarazioni e effettuare i versamenti in ritardo, ed esponendosi così all’ulteriore aggravio di interessi e sanzioni.